7. Dalla guerriglia alla Liberazione

Obiettivo comune a tutte le forze della Resistenza era la cacciata dei tedeschi, ma non tutti concordavano sul modo per arrivare a questo successo. Le forze moderate sostenevano sarebbe stato meglio attendere l’arrivo degli alleati, mentre le sinistre caldeggiavano un’azione popolare di massa che dimostrasse la volontà antifascista del popolo italiano.
Un anticipo del successo partigiano era stato il breve e intenso periodo dell’estate 1944, quando in diverse aree dell’Italia settentrionale erano state costituite le Repubbliche partigiane, parziali ma significativi esperimenti di autogoverno democratico. Tra l’ottobre e il novembre 1944 tuttavia la maggior parte delle repubbliche era caduta per la controffensiva della Wehrmacht che, attestatasi sulla Linea Gotica, aveva potuto liberare parte delle sue forze e impiegarle contro i “ribelli”. Gli anglo-americani, rassegnati a una lunga pausa invernale avevano invitato l’esercito partigiano a sospendere le sue attività belliche (proclama Alexander).
L’inverno 1944-1945 mise perciò a dura prova la sopravvivenza stessa del movimento partigiano; ma l’offensiva di primavera mise nuovamente in moto il fronte. Le prospettive di un imminente crollo dell’esercito tedesco spinsero il CVL a diramare l’ordine insurrezionale. Una dopo l’altra le città del Nord diedero il via all’insurrezione e i CLN assunsero i poteri loro delegati dal governo di Roma.
L’arrivo degli alleati nelle città italiane fu accolto con grande entusiasmo delle popolazioni; ma allo stesso tempo tarpò le ali a molte illusioni. Fu instaurato un Governo Militare Alleato (GMA) che assunse i pieni poteri subordinando alla propria approvazione tutti i decreti del CLNAI e dei vari CLN regionali; ai partigiani fu imposta la consegna delle armi. Ciò non impedì che seguisse una fase di violenza postbellica, che era eredità del conflitto durissimo tra RSI e forze partigiane, con i suoi terribili aspetti di guerra civile, oltre ad essere effetto dell’abitudine alla violenza e alla morte, incentivata dalla ferocia fascista e nazista. Ai confini orientali si scatenò la vendetta delle popolazioni slave contro gli italiani, esponenti di una nazione che aveva occupato e oppresso quelle terre con violenza non minore dei nazisti. Dal maggio 1945 prese il via dall’Istria un esodo che negli anni successivi portò in Italia circa 300.000 persone.

 

Nell’Italia l’esautorazione dei CLN alla fine del 1945 aprì la strada alla restaurazione dei poteri tradizionali: i prefetti della Liberazione vennero sostituiti da prefetti di carriera, gran parte dei quali avevano servito sotto il fascismo e spesso anche sotto la repubblica sociale. Fu il segno del fallimento dell’epurazione: venne clamorosamente mancato l’obiettivo di allontanare chi aveva collaborato con la dittatura, con la RSI o con i tedeschi. Lo Stato tradizionale si ripresentava come vincitore, anche se i movimenti popolari rivendicavano il loro ruolo non solo al Nord, con la Resistenza militare e le lotte operaie, ma anche al Sud dove si era sviluppato per la prima volta nella storia dell’Italia unita un grande movimento contadino meridionale rivendicante i diritti dei lavoratori senza terra, oppressi dai grandi latifondisti.

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