1946-1948

La Costituzione

1946-1948


“Era necessario che la Carta della nuova Italia si aprisse con l’affermazione della sua, ormai definitiva, forma repubblicana. Il primo articolo determina alcuni punti essenziali. Non si comprende una costituzione democratica, se non si richiama alla fonte della sovranità, che risiede nel popolo: tutti i poteri emanano dal popolo e sono esercitati nelle forme e nei limiti della costituzione e delle leggi; nel che sta l’altra esigenza dello «Stato di diritto». Bisogna poi essere ciechi per non vedere che è oggi in corso un processo storico secondo il quale, per lo stesso sviluppo della sovranità popolare, il lavoro si pone quale forza propulsiva e dirigente in una società che tende ad essere di liberi ed eguali. Molti della Commissione avrebbero consentito a chiamare l’Italia «repubblica di lavoratori» se queste parole non servissero in altre costituzioni a designare forme di economia che non corrispondono alla realtà italiana. Si è quindi affermato, che l’organizzazione politica, economica e sociale della Repubblica ha per fondamento essenziale — con la partecipazione effettiva di tutti i lavoratori — il lavoro: il lavoro di tutti, non solo manuale ma in ogni sua forma di espressione umana”. dal progetto di Costituzione presentato all’Assemblea Costituente da Meuccio Ruini – Presidente della Commissione per la Costituzione

1. La Consulta e la Costituente

Viva l'Italia libera

Nei primi mesi dopo la Liberazione aspetti positivi e promesse di cambiamento si intrecciarono con il preannuncio di un ritorno dello Stato tradizionale, accentratore e sordo alle istanze di rinnovamento democratico.
L’istituzione dei Consigli di Gestione alimentò per una breve stagione le speranze di un gestione democratica dell’economia grazie alla partecipazione dei lavoratori, ma la realizzazione fu impari alle speranze. Il ritorno dei padroni ai loro posti di comando fu accompagnato da una campagna che predicava la libertà assoluta in economia e dalla demonizzazione del ruolo dello Stato. Il breve successo di queste idee fu illusorio perché i tempi richiedevano più forti compagini economiche per la concorrenza sul piano internazionale. I sindacati, riuniti nella CGIL unitaria, costituita con il Patto di Roma nel giugno 1944, godevano di un grande prestigio popolare, ma erano travagliati dal contrasto tra le diverse correnti, e soprattutto tra la destra cristiana e la sinistra (socialisti e comunisti).

Sul piano politico i partiti antifascisti diedero vita a un governo di coalizione presieduto da Ferruccio Parri (21 giugno 1945), già vicecomandante del CVL, che sembrò garantire alla Resistenza un ruolo decisivo; ma al prestigioso e integerrimo presidente del Consiglio, esponente del Partito d’Azione, mancò sia l’abilità tattica sia l’appoggio degli altri partiti del CLN. Vittima della ostilità dei conservatori (DC e liberali) e degli alleati, che temevano fosse un complice dei comunisti, dovette dimettersi il 22 novembre; fu sostituito il 10 dicembre 1945 dal democristiano Alcide De Gasperi.
Si apriva di lì in avanti la campagna elettorale per l’elezione della Assemblea Costituente, che avrebbe accompagnato il referendum istituzionale, secondo l’accordo tra il CLN e la Corona (DLL n. 151/1944). Anche per regolare tale evento fu istituita un’assemblea legislativa provvisoria, la Consulta Nazionale, non elettiva (fu in carica dal 25 settembre 1945 al 2 giugno 1946), composta da personalità dell’antifascismo. Tra le sue deliberazioni quella di estendere il voto a tutti cittadini senza distinzione di sesso, accompagnata tuttavia dalla limitazione dei poteri della Costituente che non avrebbe potuto legiferare.


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