4. Lo Stato totalitario, seconda parte

Ai fini del disciplinamento delle masse il fascismo istituì una serie di strutture dedicate ai vari settori della popolazione. I giovani furono inquadrati per fasce d’età e per sesso nell’Opera Nazionale Balilla – ONB (fino ai 18 anni), nei Fasci Giovanili di Combattimento (fino ai 21 anni), nei Gruppi Universitari Fascisti – GUF; nel 1937 tutte le organizzazioni giovanili furono unificate nella Gioventù Italiana del Littorio.

L’ONB organizzava i maschi in: figli della Lupa (dai 6 agli 8 anni); balilla (dai 9 ai 10 anni); balilla moschettieri (dagli 11 ai 13 anni); avanguardisti (dai 14 ai 18 anni). Le femmine erano distribuite in: figlie della Lupa (dai 6 agli 8 anni); piccole italiane (dai 9 ai 13 anni); giovani italiane (dai 14 ai 18 anni). L’appartenenza a tali organizzazioni comportava l’acquisto delle divise, che pesavano in modo non indifferente nel bilancio delle famiglie più povere, e la partecipazione non passiva alle coreografiche manifestazioni di massa, per lo più sportive e per le quali occorreva anche un apposito addestramento.
Gli adulti dovevano iscriversi al Partito Nazionale Fascista – PNF, all’interno del quale esistevano associazioni fasciste di categoria (e di tutte le fasce sociali, ad es. le massaie rurali) destinate a inquadrare l’intera nazione; nel 1933 l’iscrizione al partito fu obbligatoria nelle amministrazioni pubbliche (1933) e dal 1938 divenne di fatto necessaria per ottenere qualunque impiego. Anche l’iscrizione al PNF comportava l’obbligo di partecipare alle cerimonie del regime indossando la divisa.

Ruolo molto importante fu svolto dal Ministero della Cultura Popolare – Minculpop, creato nel 1937, che aveva il compito di sorvegliare la stampa e di promuovere tutte le iniziative culturali, esercitando una attenta censura e indirizzandole all’esaltazione delle regime. Esso nacque dalla trasformazione di due organismi, succedutisi nel tempo – l’Ufficio Stampa del Capo del Governo (1922) e il Sottosegretariato di Stato per la Stampa e la Propaganda (1934) – di cui ereditò e sviluppò le funzioni con l’obbiettivo di fare partecipe tutta la popolazione italiana dei miti e dell’ideologia fascista, anche attraverso l’organizzazione di spettacoli teatrali e cinematografici itineranti. Su un piano diverso operava l’Istituto Fascista di Cultura creato nel 1925.
Nella scuola fascista l’organizzazione di massa dei giovani ebbe una parte essenziale integrando e potenziando l’indottrinamento dei giovani. La scuola fu oggetto di diversi interventi legislativi a partire dalla riforma Gentile (1923), “la più fascista delle riforme”. La struttura della scuola italiana, disegnata dal Gentile, non rimase immutata durante il regime; ma i suoi caratteri furono soprattutto modificati in base a interventi politico-disciplinari. Al suo interno gli insegnanti erano obbligatoriamente iscritti al PNF e gli alunni erano incentivati a entrare nell’ONB, pena l’esclusione da benefici e concorsi nonché l’ostracismo da parte degli insegnanti più acquiescenti al regime. La scuola di Gentile era stata il frutto di un progetto coerente di educazione umanistica, indirizzato a educare le future classi dirigenti. Ne era parte fondante una concezione classista che escludeva dal percorso dell’istruzione superiore i ragazzi meno acculturati (di fatto quelli delle classi popolari). Un simile assetto non era tuttavia in grado di soddisfare le esigenze di un Paese avviato verso una trasformazione in senso industriale, che il fascismo favoriva ai fini della preparazione bellica. Un primo intervento fu quello avviato dal ministro Giuseppe Belluzzo nel 1928 che creò la Scuola di avviamento professionale post-elementare; più significativa e organica fu la riforma Bottai, che riorganizzava più razionalmente il complesso degli indirizzi.

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