5. Fascisti e cattolici

Sul piano interno e su quello internazionale il fascismo conseguì il suo più significativo successo nel 1929, quando Mussolini e il Segretario di Stato vaticano Cardinale Pietro Gasparri firmarono i Patti Lateranensi che ponevano fine al dissidio Chiesa-Stato italiano, protraentesi dalla conquista di Roma nel 1870. Quei Patti non furono solo un documento giuridico- diplomatico, ma conferirono alla Chiesa cattolica un ruolo sociale e civile impensabile in altri Stati laici e liberaldemocratici del continente, mentre Mussolini guadagnava un consenso tra i cattolici, che fu certificato dalle elezioni del 1929, svoltesi in forma di plebiscito.
I rapporti del fascismo con il Vaticano non si mantennero sereni a lungo: già nel 1931 si aprì un contenzioso generato dal fatto che l’Azione Cattolica andava impegnando suoi aderenti in un’azione di apostolato sociale e di intervento nella società che apparve sospetta agli occhi del regime. Da una parte i fascisti avvertivano l’agire di una concezione del mondo diversa dalla loro, dall’altra sospettavano la rinascita di una forza politica sul tipo di quello che era stato il Partito Popolare. Sul secondo punto era pienamente in errore, ma era vero che la loro egemonia avrebbe potuto essere messa in discussione dall’affermarsi di un’ideologia cattolica. Contro i circoli di Azione Cattolica si scatenarono le squadre fasciste e il Vaticano fu costretto a porre dei limiti precisi all’attività culturale delle organizzazioni maschili. Relativamente intatta restò solo l’attività della Federazione Universitaria Cattolica Italiana – FUCI, che di fatto fu poi il luogo in cui si formarono le leve dell’antifascismo cattolico.

 

Un intenso ritorno di fiamma per l’accordo tra i due regimi fu segnato da due eventi internazionali alla metà degli anni ‘30: la guerra civile spagnola che mobilitò i cattolici a fianco del nazismo e del fascismo, in appoggio al generale Francisco Franco, ribelle al legittimo governo repubblicano, per odio contro il bolscevismo e per l’orrore delle uccisioni di religiosi. Il secondo evento fu la guerra d’Etiopia: il mondo cattolico tradizionalmente sensibile ai temi della diffusione del Vangelo anche sulla scia delle armi, rispose con entusiasmo all’appello del fascismo per un sostegno alla guerra, presentata come una lotta contro un popolo di barbari infedeli.
Nel 1938, infine, la prova più dura: con la proclamazione delle leggi per la difesa della razza la Chiesa e i cattolici furono posti di fronte a un scelta che metteva in gioco valori di umanità. Come in tutte le culture europee, presso i cattolici, che vedevano negli ebrei il “popolo deicida”, serpeggiava un antiebraismo cattolico di stampo teologico che nel periodo fascista tendeva riemergere. Tuttavia, di fronte a leggi che tra l’altro ponevano in discussione la validità dei matrimoni religiosi tra ariani ed ebrei convertiti, la Chiesa vide minacciata una prerogativa che il Concordato le assegnava: solo ai tribunali ecclesiastici competeva lo scioglimento o l’annullamento dei matrimoni religiosi. Nel marzo 1937 l’enciclica Mit brennender Sorge di Pio XI aveva condannato il razzismo nazista, senza però menzionare gli ebrei. Di fronte alle leggi fasciste gli esponenti delle clero si limitarono ad auspicare che il governo italiano non seguisse l’esempio nazista e che soprattutto non mettesse in discussione la posizione degli ebrei convertiti. Dal canto suo il papa Pio XI stava forse preparando una più energica enciclica di condanna del totalitarismo nazista e fascista, ma morì prima di portare a termine l’impresa; che il suo successore Eugenio Pacelli, col nome di Pio XII, lasciò prudentemente cadere di fronte alla tragedia della Seconda Guerra Mondiale.

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